Inneres auge. La linea orizzontale e i picchi del Brand Activism.
B&B trends
Di anno in anno, di santo in santo, Sanremo più che una manifestazione canora, è un calderone di musica e polemiche.
E visto che le tradizioni vanno rispettate, anche in questo 73° festival, il gossip quasi più delle canzoni, non è mancato.
E parliamo dell’allergia ai pollini di Blanco, dei baci arcobaleno tinti di Rosa Chemical, degli outfit ribelli da milioni di euro made in Ferragni e poi di un’autentica genesi da prima serata: la creazione in diretta del profilo IG di Amadeus.
Dalle parole instant camera e telegram (non l’app Telegram, la cui nascita avverrà 3 anni dopo), Instagram è un’app per la condivisione di immagini dallo stile che, almeno all’origine, richiamava quello delle vecchie Polaroid.
Inizialmente caratterizzato da funzionalità che oggi non potremmo che definire “ridotte”, Instagram e le sue foto si sono presto trasformati in un must per ogni possessore di smartphone, solleticato anche dai costanti aggiornamenti dell’app.
Dopo l’integrazione di nuovi filtri, hashtag, stories, video, DM e l’acquisto da parte dell’autore e owner del social network “gratuito e lo sarà sempre” (oggi noto come “facile e veloce”), è arrivata anche su Instagram la pubblicità.
In un mondo in cui le cassette della posta sono tutte coperte da frasi perentorie contro volantini, flyer, brochure e materiale pubblicitario, farsi scappare un #adv sui social è pressoché impossibile.
Le inserzioni, adeguatamente profilate su necessità, età e gusti del target, sono diventate parte delle nostre vite e dei nostri swipe up.
L’acquisto compulsivo, una volta relegato a chewing-gum, caramelle e cioccolatini attorno alle casse del supermercato, oggi è uno stile di vita.
Ma cosa succede quando, i social diventano un lavoro o parte di esso?
Cani, gatti, nonne, zii, attori famosi, modelli emergenti, persino le Noci di Prosciutto al Pepe di Autogrill hanno una pagina social a loro nome.
E qui, almeno per professionisti, brand e aziende, entrano in gioco i Social Media Manager.
Creatori digitali di professione, i SMM hanno un ruolo che assomiglia molto a quello di Christof (AKA Ed Harris) in The Truman Show: controllano l’esistenza di account aziendali e professionali, gestendone i contenuti dalla loro creazione alla messa online.
Tra post organici e sponsorizzati, PED, Google ADS e simili, la scrivania dei Social Media Manager è tutta a portata di smartphone.
Se in un’ipotetica realtà virtuale, disegnassimo un avatar per ogni social, verrebbe fuori il ritratto di una tipica famiglia italiana.
In ordine ci sono: il boomer che si crede giovane Facebook, il millenial che sorride ma è infelice Instagram, il Gen Z che odia i pranzi della domenica TikTok e poi il cugino di terzo grado workaholic LinkedIn, lo zio generoso Whatsapp, la cugina appassionata di “fai da te” YouTube e il suo moroso, di cui nessuno aveva mai sentito parlare prima, Telegram. Sul trespolo, a cinguettare in solitaria, il simpatico Twitter.
Sempre invitato alle riunioni di famiglia e l’unico capace di capire le dinamiche tra parenti, il prete del paese, nome di battesimo: SMM.
Erroneamente considerato dai più anzianotti un clone di Instagram, TikTok è il social in più rapida ascesa anche in Italia e la cui vera forza è la community.
Per i TikTokers infatti, l’utilizzo della piattaforma non riguarda più la sola condivisione, ma apre le porte a una realtà di persone che ispirano altre persone, riconoscendosi per talento, interessi, creatività, valori, originalità.
Potrà sorprendere, ma con le sue ricette, i balletti e gli sketch, TikTok sembra essere il primo social media in grado di cambiare positivamente gli utenti, migliorandone l’umore e quotidianità.
Il business è dietro l’angolo e i SMM non vedono l’ora.
Ci si vede su TikTok Academy.