Cinque regole d’agenzia in tempo di ferie. Summer Edition.
B&B trends
Il 2020 sarà un anno che difficilmente dimenticheremo e che verrà principalmente ricordato come l’anno della pandemia, delle mascherine, dei gel igienizzanti, della distanza sociale e dello smart working di massa.
Ma è stato anche un anno in cui creatività e tecnologia si sono legate indissolubilmente dando vita ad una rivoluzione digitale senza precedenti.
Lasciato alle spalle il 2020, per iniziare il nuovo anno con il piede giusto è fondamentale per ogni azienda conoscere e saper sfruttare al meglio tutti i progressi che il mondo digitale ha raggiunto, per arrivare a risultati di business sempre più soddisfacenti. Come si sta evolvendo lo scenario digitale in cui inevitabilmente ci ritroviamo ad essere protagonisti? E quali trend potranno ispirare il nostro 2021?
I social media non rappresenteranno più solo un canale di scoperta, dove poter conoscere nuovi prodotti e incappare in nuove offerte e servizi tra uno scroll e l’altro. I social media stanno diventando per molti il canale preferenziale attraverso cui effettuare i propri acquisti, e magari a breve sarà sempre meno necessario avere un e-commerce per vendere online.
Facebook Shops, la funzione introdotta da Facebook che permette di gestire il proprio catalogo prodotti in maniera molto intuitiva e di renderlo visibile sia su Facebook che su Instagram, permette all’utente di spulciare i prodotti direttamente dalla piattaforma e, per adesso solo negli Stati Uniti, di effettuare l’acquisto senza neanche visitare il sito.
Ma le novità non si fermano qui: è arrivato in Italia anche lo Shop Streaming, ovvero la possibilità di taggare i prodotti mostrati durante una diretta Live Streaming.
Sono stati effettuati già diversi esperimenti di questa innovativa sessione live di shopping, uno fra questi quello di Chiara Ferragni in partnership con Lancome.
Secondo una ricerca condotta da Emarketer, nel 2021 si prevede per la vendita sui social commerce una crescita del 34.8%. Un dato rilevante che ci porta ad affermare che, se ad oggi un’azienda riesce ad integrare in modo strategico il social commerce all’interno della customer journey dei propri clienti, avrà modo di assicurare e salvaguardare le entrate di un domani.
Sebbene i podcast non siano una novità ed esistano in realtà già dagli inizi degli anni 2000, solo di recente hanno avuto il successo mondiale che oggi li contraddistingue: all’attivo infatti esistono 850.000 podcast con oltre 30 milioni di puntate.
L’obbligo di restare a casa e il maggior tempo libero a disposizione hanno portato milioni di persone in tutto il mondo a riscoprire il piacere di rilassarsi a casa ascoltando notizie, interviste, talkshow e storie attraverso l’utilizzo dei podcast.
Ma cosa sono esattamente? Dei semplici file audio di natura seriale scaricabili sul proprio smartphone attraverso piattaforme dedicate: ogni utente può scegliere la tematica (che tendenzialmente ricade tra cultura e società, business, comicità, notizie, politica e salute), quando ascoltarli e dove ascoltarli.
I podcaster sono in continuo aumento e a fronte di questa esponenziale crescita molte aziende hanno saggiamente iniziato ad integrare i loro piani di comunicazione con i branded podcast.
L’obiettivo? Catturare l’attenzione degli utenti, fidelizzare con il pubblico, migliorare la visibilità del brand e aumentarne la credibilità. Ed è proprio su questo ultimo punto che sarebbe giusto soffermarsi: avere un branded podcast solo per cavalcare un trend e per il mero gusto di averlo è controproducente.
L’approccio autoreferenziale è una perdita di tempo: i contenuti che scegliete di condividere e i temi che affronterete dovranno veramente dare all’utente un valore aggiunto, offrirgli un modo per arricchire il suo bagaglio culturale e non solamente presentare un prodotto o un servizio.
I podcast entrano dunque a pieno titolo tra le tante nuove opportunità che continuano a nascere e crescere in quest’ epoca di sempre maggiore digitalizzazione.
Istantaneità, facilità di utilizzo, disponibilità 24/7. I chatbot rispondono alle sempre più incalzanti esigenze degli utenti di avere in tempi celeri risposte a dubbi, chiarimenti su servizi, informazioni di prodotto, soluzioni a problemi e reclami.
Viviamo in continuo movimento e sempre connessi. Aspettare? Un lusso riservato a pochi. La maggior parte degli utenti necessita una risposta nel qui ed ora. E i brand lo sanno bene. Per questo i chatbot – che garantiscono una disponibilità virtuale 24/7 su webchat, social e app – sono un ottimo nonché imprescindibile alleato per le aziende.
Anche se gli utenti, nella maggior parte dei casi, continuano a preferire l’interazione umana a quella con le macchine, il numero di aziende che ricorre all’uso di chatbot per il proprio servizio di assistenza clienti sta aumentando di anno in anno, del resto i vantaggi sono ben noti.
Secondo recenti statistiche i chatbot si stanno diffondendo più nel B2B che nel B2C (58% vs 42%): il settore che in cui sono maggiormente utilizzati è rappresentato dall’industria del software (43%), seguita da servizi professionali (8,4%), health care (6,6%); mentre per il largo consumo i numeri sono ancora poco rilevanti (1,9%).
Il trend dell’assistenza virtuale è sicuramente una opportunità unica per le aziende, che possono ora come non mai avere la possibilità di instaurare un rapporto diretto con il cliente. Un’opportunità che, come tutte d’altronde, va sfruttata al meglio: per instaurare un dialogo proficuo e duraturo è necessario sviluppare un bot con una personalità e un linguaggio ben definiti, coerenti con l’immagine aziendale.
Il video è da anni uno degli strumenti più potenti per veicolare contenuti sul web, ma è soprattutto negli ultimi tempi che abbiamo assistito ad un’incredibile evoluzione del digital video marketing: l’interattività di questo strumento ingaggia gli utenti, mentre la sua immediatezza stimola maggiormente alla conversione.
La quantità infinita di informazioni e stimoli a cui gli utenti sono sottoposti ogni giorno, rende sempre più difficile alle aziende il compito di coinvolgere il proprio pubblico target.
I video rappresentano la soluzione perfetta grazie alla possibilità di veicolare messaggi diretti e accattivanti, in grado di catturare l’interesse di chi si trova dall’altra parte dello schermo e fornirgli informazioni da apprendere senza particolari sforzi.
Integrare i contenuti video nel proprio piano di comunicazione non rappresenta più una scelta, ma un imperativo per ogni brand che voglia raggiungere risultati concreti e rilevanti.
Fondamentale rimane però studiare una strategia di video marketing basata sugli interessi del proprio target di riferimento e sugli obiettivi di business.
Ma come conquistare la Generazione Z? I giovani e i giovanissimi che producono e consumano contenuti video quotidianamente e che per loro rappresentano la normalità?
Facile (o quasi), utilizzando le numerose piattaforme che si basano unicamente sulla condivisione di video: non solo il successo di YouTube ma anche l’ascesa TikTok, testimonia come il video marketing sia ad oggi il protagonista indiscusso della scena, alle cui logiche le aziende dovrebbero adeguarsi nel più breve tempo possibile.
Una tendenza che è qui per restare.
L’influencer marketing non è di certo una novità, ma è una realtà che è destinata a crescere sempre di più. Però non è tutto oro ciò che luccica: esistono due temi caldi su cui ogni azienda deve necessariamente riflettere per attuare una strategia di influencer marketing di successo.
Primo, l’autenticità: più che influencer infatti si tratta di avere dei veri e propri sostenitori del brand. Questo perché gli utenti smascherano facilmente contenuti forzati, che promuovono prodotti/servizi solo per un ritorno economico.
Per ottenere quindi risultati efficaci e significativi dalle proprie collaborazioni è fondamentale scegliere influencer che siano coerenti con i valori aziendali e che riescano ad esprimere con genuinità la reale ammirazione verso un prodotto.
In secondo luogo, la responsabilità sociale: un aspetto che nel 2020 a causa della pandemia è stato molto dibattuto e che ha portato alcuni influencer sotto la lente d’ingrandimento per comportamenti scorretti o poco educativi. Se è ormai assodato che gli utenti prediligono brand impegnati in cause sociali e ambientali, anche gli influencer che li rappresentano dovranno rispecchiare questo sistema valoriale ed esprimerlo attraverso i propri contenuti.